Dipendenza in amore è una parola inflazionata spesso usata unicamente con un’accezione negativa. Esistono però una dipendenza fisiologica ed una patologica: la prima è preziosa perché arricchisce la seconda causa insicurezza e sofferenza.
Se ci affacciamo al mondo animale possiamo riscoprire come la dipendenza costituisca un evento naturale poiché costituisce un schema funzionale alla sopravvivenza della specie. I cuccioli sono dipendenti dalle proprie figure di accudimento ed in molte specie lo rimangono anche in età adulta. Alcuni animali evoluti infatti rimangono legati al branco per tutta la vita trovando la protezione fondamentale per l’autoconservazione, la ricerca del partner e la riproduzione.
La relazione sana
Anche gli esseri umani per natura hanno bisogno di darsi reciproco sostegno ed appoggio e una qualche forma di dipendenza è implicita nelle relazioni specie quelle più strette. Come suggerisce Borgioni (2015) viviamo una condizione “sana” di dipendenza solo se la nostra capacità di affidarsi all’altro e chiedere aiuto è controbilanciata da una sufficiente capacità di essere indipendenti, sostenere la solitudine e di effettuare scelte autonome. In una relazione di coppia ad esempio i partner sapranno scambiarsi reciprocamente il ruolo di chi si prende cura e di chi riceve accudimento.
La relazione tossica
La dipendenza diventa “patologica” quando la capacità di affidarsi o chiedere aiuto non è bilanciata e la persona si colloca ad uno degli estremi della polarità dipendenza-indipendenza: aggrapparsi all’altro o rifuggirlo.
Nella relazione di coppia la persona dipendente perde quote sempre maggiori di potere personale, quindi perde la propria autonomia, indipendenza e libertà di scelta, finendo – in alcuni casi – in una condizione di vero e proprio sfruttamento emotivo e fisico (Borgioni, 2015).
Dipendenza in amore e storia di vita:
Seguendo il modello evolutivo della scuola di Bowlby possiamo pensare che molto probabilmente da bambino, una persona dipendente in amore abbia percepito la presenza dei genitori senza poterli sentire però come “base sicura”. Si tratta di un vissuto che ha a che fare con l’abbandono, con il non riconoscimento e con il rifiuto, e pur di non riviverlo, il dipendente affettivo è disposto ad accettare le condizioni più umilianti e mantenere il rapporto.
Non puoi costringere nessuno ad amarti. Devi semplicemente rivelare chi sei e correre il rischio. Certo, puoi fare un’impressione gradevole sugli altri, adularli e placarli. Oppure, puoi intimidirli, minacciarli e ricattarli. Ma non puoi, sia con la persuasione che con la forza, strappare un dono d’amore. “
S.B. Kopp, Se incontri il Buddha per la strada uccidilo
BIBLIOGRAFIA
Borgioni M. (2015), “Dipendenza e controdipendenza affettiva “, Alpes
Bowlby J. (1980). Attaccamento e perdita, vol. 3, La separazione dalla madre, Boringhieri: Torino.
Kopp S. B. (1975), “Se incontri il Buddha per la strada uccidilo”, Astrolabio